Correva l’anno 1971 quando la RAI trasmise in cinque puntate uno degli sceneggiati più belli e perfetti della tv. Se dico sceneggiato doc degli anni Settanta, ognuno ha in mente un titolo, e tutti, proprio tutti, ripeteranno “Il segno del comando”. Le basi per definirlo un capolavoro ci sono tutti: ottima sceneggiatura, eccellente fotografia, storia accattivante, musica perfetta per ogni scena, una regia che fece scuola, e più di ogni cosa la recitazione perché in un colpo solo c’è la crema DOC del teatro italiano. Il punto di forza dell’intera opera d’arte (io la definisco così) è l’intreccio di una serie di generi, i quali si mescolano, si amalgamano, si toccano e si sfiorano con un tatto geniale, talmente perfetto da mandare in visibilio un’intera nazione paralizzandolo sullo schermo dalla prima fino all’ultima puntata, ripetendo lo stesso risultato ogni volta che la RAI trasmise le repliche.
Questa volta non trascrivo nel Taccuino i punti salienti della
trama perché non si può raccontare, le puntate si devono vedere senza riportare
i segreti della storia, si deve invogliare i telespettatori a rivederla, o per
chi non lo conosce dare l’occasione di scoprirla. Nel Taccuino si può
trascrivere la miscela delle Voci sviluppate per raggiungere l’alta qualità,
perché in quel periodo era inusuale unirli in una sola pellicola da trasmettere
nella tv di Stato.
La stesura dello sceneggiato ha un’altra base che la distingue
da tutti gli altri prodotti di quel periodo, perché contiene una serie di
locuzioni degne di essere trascritte nel Taccuino, iniziando dalle poesie di
Lord Byron, un poeta inglese che soggiornò a Roma come lo sceneggiato ci
informa. Perciò, un altro aspetto da cogliere nelle cinque puntate è l’arte, si
librano illustri nomi, si parla dei pittori, dei poeti e dei musicisti che
vissero in un tempo passato.
Il salto di qualità dell’intero sceneggiato è da attribuire dall’incontro
tra la realtà e il misticismo, e unendo personaggi maggiori e minori, tutti
intrecciati tra di loro, ha trasformato la pellicola in un’opera d’arte
intramontabile.
Ogni figura è legata all’altra, ogni azione compiuta da un
personaggio è un punto essenziale per risolvere l’enigma. Ogni soggetto, che
sia un pezzo grosso o una semplice comparsa, ha uno specifico ruolo, e col
passare delle scene le carte si mescolano mutando il centro del mistero.
La capacità di trasformare un ambizioso lavoro (così lo
definisco l’esperimento, o un azzardo, di fondere nella storia più elementi mai
collaudati prima in uno sceneggiato per la tv) si deve attribuire, come ho
accennato, alla crema degli attori, il fiore all’occhiello della recitazione
italiana. In parole povere l’eterna giovinezza dello sceneggiato è data anche
dagli sguardi degli attori, dalle loro Voci sussurrate o impostate in modo
naturale senza alzare il tono, con l’oscillazione lenta dei loro corpi assieme
alla lentezza dei movimenti della cinepresa, con immagini create dall’unione
del genere giallo, noir, per poi passare al fantastico con definizioni dark,
allo spionistico miscelato col mistero e atmosfere gotiche.
Per assaporare la perfezione dell’intero staff si può accennare
la data della prima puntata, 16 maggio 1971, e quindi salta all’occhio
l’assenza di effetti speciali creati al computer ma solo con una risicata
tecnologia, l’assenza del colore perché era in bianco e nero e mai tinteggiato;
tutti elementi che non svalutano lo sceneggiato, anzi lo esaltano.
I luoghi sono un altro aspetto degno di essere preso in
considerazione, e con i bei panorami di Roma aggiungiamo nuova bellezza, e
ancora, assieme ai protagonisti, scopriamo degli spazi anonimi o inesplorati;
in prima fila ci sono le ville, palazzi settecenteschi intatti o in rovina, e
dei siti colmi di mistero. Uno dei siti dark per antonomasia è il cimitero, dove
oltre agli incontri casuali, le coincidenze visibili in una lapide accresce il
misticismo: ad esempio si scopre che tre personaggi, Brandani, Tagliaferri e
Forster, sono nati nello stesso giorno e mese con cento anni di differenza, i
primi due sono morti nello stesso giorno e mese sempre a distanza di 100 anni
esatti, e se i calcoli sono giusti per il terzo sta sopraggiungendo la data
dell’ipotetica morte. Un luogo gotico da esplorare è la “Taverna dell’Angelo” e
qui ci chiediamo se esiste, se è reale, o frutto della fantasia, o se ancora
siamo in presenza di offuschi presenze. E ancora, ci sono altri luoghi pieni di
mistero e di coincidenze: via Margutta 33, appartamento 13, l’Hotel Galba
stanza n° 33, le vie di Trastevere, via delle tre spade 119, la Biblioteca Angelica e altre illustri biblioteche, la chiesa di Sant’Onorio
al Monte, la Basilica di Massenzio, la sartoria teatrale "Pasellì", uno studio di pittura e
scultura, l’antico caffè greco, l'isola Tiberina e la metropolitana romana in costruzione.
Gli oggetti sono un altro piatto forte della storia, al primo
posto un medaglione, ovvero un amuleto su cui è stato inciso una civetta, e poi antichi orologi da
collezione collegati a una superstizione, quadri, candelabri, candele che si accendono da sole, carte da gioco, una chiave, foto ritoccate, una valigetta piena di
microfilm, vari Taccuini, la statua di un angelo, porte che si aprono da sole, una banconota strappata in due da unire per salvare una vita umana, una pistola, un pugnale, uno scalpello e un martello, un calendario, antichi diari e
manoscritti, libri (forse) trafitti da un pugnale, tarocchi e simboli mistici, il telefono a disco, la tv, accenni a una nave a remi, una collezione di Salmi musicati da un noto
compositore e spartiti scomparsi, un organo, collezioni private, un libro del Settecento, registri parrocchiani, la macchina anni Settanta
del protagonista con targa 317 FJB, molta polvere con ragnatele nei palazzi antichi (forse) disabitati o infestati dai fantasmi e ... il segno del comando.
Per ultimo, accenno un altro cavallo di battaglia dello sceneggiato, la colonna sonora, e anche in questo caso chi se lo dimentica la canzone fischiata dal cantante accompagnando le note; ma questa è un’altra storia da trascrivere in un altro post.
Il segno del
comando è un cult della televisione italiana, e se
uscì in tv il 16 maggio 1971, oggi compie cinquant’anni; una data da
trascrivere nel Taccuino. Auguri.
Scheda dello sceneggiato:
Titolo: Il segno del comando
Regia: Daniele D’Anza
Sceneggiatura: Giuseppe D’Agata, Dante Guardamagna, Flaminio
Bollini, Lucio Mandarà
Scenografia: Nicola Rubertelli
Fotografia: Marco Scarpelli
Costumi: Giovanna La Placa
Musiche originali: Romolo Grano
Testo musica: Fiorenzo Fiorentini
Cantante della sigla: Nico Tirone canta “Cento Campane”
Genere: giallo, fantastico, misticismo
Anno: 1971
Puntate: cinque in b/n
Durata: circa 1 h a episodio
Attori: Ugo Pagliai (Edward Forster), Carla Gravina (Lucia),
Massimo Girotti (George Powell), Rossella Falk (Olivia), Paola Tedesco
(Barbara), Laura Belli (un’amica di Powell), Augusto Mastrantoni (Marco
Tagliaferri), Silvia Monelli (la signora Giannelli), Andrea Checchi (il
commissario Bonsanti), Franco Volpi (il Principe Raimondo Anchisi), Serena
Michelotti (la zingara), Leopoldo Valentini (il custode del cimitero), Angiola
Baggi (Giuliana), Carlo Hintermann (Lester Sullivan), Giorgio Gusso (il prete), Armando Alselmo (il cieco), Leopoldo Valentini (il custode del cimitero).
Link utile:
www.raiplay.it/programmi/ilsegnodelcomando
N.B. immagini prelevate dalla rete tramite il motore di ricerca
Google.
Tra tutti gli sceneggiati storici della Rai questo è il mio preferito, ricordo di averlo visto da bambino. ne ho parlato più volte da me, ma sono felicissimo di aver letto anche la tua recensione.
RispondiEliminaIl tuo post mi è sfuggito, lo cercherò per leggere il tuo punto di vista, perché per me "Il segno del comando" è un'opera d'arte. Ciao.
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