Benvenuti nel mio salotto virtuale, un luogo dove posso condividere le mie passioni con chi passa da qui. Si parla di piccole chicche quotidiane, di curiosità lontane e vicine, di storie locali e non solo. Mettetevi comodi e partiamo per un lungo viaggio.

domenica 23 giugno 2019

Il porto delle nebbie

Quando aveva lasciato Parigi, verso le tre del pomeriggio, la folla brulicava ancora sotto un pallido sole autunnale. Poi, verso Mantes, si erano accese le lampade dello scompartimento. A Evreux, fuori era tutto buio. E adesso, attraverso i finestrini lungo i quali scivolavano gocce di vapore, si vedeva una fitta nebbia che circondava di un alone lattiginoso le luci della strade ferrata. Sprofondato in un angolo, con la nuca appoggiata al bordo del sedile e gli occhi socchiusi, Maigret osservava meccanicamente i due personaggi che aveva di fronte, così diversi l’uno dall’altro.
 
 
Un uomo vaga per le vie di Parigi, ha una vistosa ferita alla testa causata da un colpo di pistola perfettamente medicata da mani esperte e in via di guarigione; l'uomo misterioso non è in grado di parlare e di ricordare l'accaduto e le sue generalità, indossa abiti nuovi e puliti, non ha documenti, non possiede un portafoglio, ha qualche spicciolo in tasca.
Chi è l’uomo? Perché ha perso la memoria? Chi l'ha sparato? È un mistero, nessuno lo conosce, fino a quando una donna, Julie, la sua domestica, lo riconosce come il suo datore: è il capitano Joris del porto di Ouistreham. Per approfondire l’identità dell’uomo, Maigret lo scorta fino al suo paese, e appena apre la porta e perlustra l’appartamento nota una morbosa preoccupazione della domestica, la quale spaventata non ha intenzione di stare da sola in quella casa con Joris; la domestica aveva ragione: durante la notte Joris si sente male e muore per avvelenamento da stricnina. Le indagini si complicano, inizialmente Maigret doveva scoprire i retroscena di una ferita da arma da fuoco, e adesso dovrà indagare per un omicidio. Per studiare il caso si sposta tra una via e l’altra nell’oscura cittadina Ouistreham, un paese di porto, nel quale tutti sanno ma nessuno parla, e chi asserisce qualche cosetta non dice la verità o non da segni di collaborazione. Il commissario Maigret s’imbatte tra uomini e donne sfuggenti, bizzarri, indefinibili e misteriose, e per la prima volta è in totale difficoltà forse perché la cittadina di porto non è il suo ambiente naturale; così, per sbrogliare la matassa e per aiutarlo nelle indagini, chiama il collega Lucas, ed entrambi percepiscono le reciproche difficoltà. Le ricerche sono complesse e durante il soggiorno a Ouistreham il commissario Maigret sarà a stretto contatto con i marinai, con ambienti oscuri e con personaggi impenetrabili: sarà a diretto contatto col misterioso sindaco, il quale verrà picchiato brutalmente dal fratello di Julie, un marinaio dal passato torbido; la moglie del sindaco parte per raggiungere il figlio, ma la circostanza non s’incastra con la realtà; un misterioso signore si aggira per Ouistreham, e tutti lo identificano per un norvegese, ma i conti non tornano; e due personaggi immateriali, il mare e la taverna del porto, faranno da contorno alla difficile indagine. Maigret ha in mano soltanto una certezza: tutti mentono spudoratamente.
 
 
Lo scrittore del romanzo giallo è un autore doc, è il massimo esponente a livello internazionale del genere poliziesco: Georges Simenon. 
“Il porto delle nebbie” è un libro giallo che scrisse e pubblicò agli inizi degli anni trenta mentre l'autore  si trovava a Ouistrehamdal.
I suoi libri non si dovrebbero mai svelare bensì leggere, pertanto con questa piccola sinossi ho incidentato la regola principale del mondo del giallo: mai assaggiare con un riassuntino, anche se risicato, le indagini del commissario Jules Maigret, ma la voglia di trascrivere qualcosina nel Taccuino era viva.
Il commissario Maigret non ha bisogno di presentazioni, e in questa indagine dovrà sudare come non mai per le difficoltà riscontrate in ogni tipo di ragionamento, e il nuovo caso è talmente complesso da scoprire l’assassino quando le speranze sono ridotte all'osso, e noi lettori lo identifichiamo alla fine del libro quando mancano pochissime pagine. Rispetto agli altri capolavori di Simenon, nel libro “Il porto delle nebbie” si possono cogliere diversi aspetti che lo distinguono dagli altri casi; naturalmente non si sveleranno nel post altri particolari. Ma c’è un aspetto che si può spifferare: manca un personaggio sempre presente e sempre a fianco del commissario: la moglie di Maigret. Pertanto, non sentiremo la sua Voce, non la sentiremo al telefono e non ci sarà nessun accenno. La moglie non compare mai, né fisicamente né con la propria Voce: Maigret è solo con la sua esperienza, il suo fiuto e la sua immancabile pipa.  
Assolutamente da leggere. Consigliatissimo.
 
 
Scheda del libro
Titolo: Il porto delle nebbie
Titolo originale: Le port des brumes
Autore: Georges Simenon
Traduttore: Fabrizio Ascari
Editore: Fabbri editori del 2003
Collana: le grandi inchieste del commissario Maigret
Genere: giallo
Pagine: 182
 
Annotazioni: le prime righe del post sono tratte direttamente dal libro e le trovi a pag. 11.
 


11 commenti:

  1. Non amo i gialli, tuttavia da come hai descritto questo libro un po’ di curiosità mi è venuta, chissà! Grazie Innassia e buona continuazione di domenica.
    sinforosa

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Simenon è un genio. I suoi libri non soni i classici libriccini, si va oltre. Leggili con tranquillità. Buna domenica Sinforosa

      Elimina
    2. Grazie mille e buona notte.
      sinforosa

      Elimina
  2. I libri di Simenon, di Agatha Cristye e di Conan Doyle, non sono gialli ma opere d'arte.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono riusciti a rivoluzionare il genere giallo e sono i punti di riferimento dei giallisti. Sono i numeri uno. Ciao carissima.

      Elimina
  3. Dal lodo al porto delle nebbie il giallo della guerra di Segrate
    MILANO - Tutto lecito, dunque, nella "guerra di Segrate"? Occorre fare un bel passo indietro nel tempo, sino al 1990, quando Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi si scontrano per il controllo della casa editrice Mondadori e del gruppo Espresso-Repubblica. é muro contro muro tra De Benedetti, imprenditore da sempre al fianco dell' editore storico del gruppo Carlo Caracciolo, e Berlusconi, che arriva nella stanza dei bottoni grazie all' improvvisa alleanza con la famiglia Formenton. Le incomprensioni tra i due schieramenti, opposti nel conteggio delle azioni e del loro peso decisionale, sfociano nelle aule di giustizia. Ed è lì che avviene il passaggio tecnico che da sempre ha destato chiacchericcio e scalpore, quella delicata e segreta fase su cui la Procura milanese ha tentato invano di accendere i riflettori. I due gruppi sono stati d' accordo su una scelta: rivolgersi a tre esperti, chiedere cioè un "lodo arbitrale". E l' arbitrato, firmato da Carlo Maria Pratis, Natalino Irti, Pietro Rescigno, dà alla Cir (De Benedetti) il controllo del 50,3 per cento del capitale ordinario e del 79 per cento delle privilegiate. é il 21 giugno ' 90, Berlusconi ha perso, ma ricorre e il 24 gennaio 1991 la corte d' appello di Roma annulla la decisione: la Mondadori deve tornare a Berlusconi. Solo per evitare che il braccio di ferro continui con danno per le aziende e chi ci lavora, si troverà - alla presenza di Giuseppe Ciarrapico - un accordo. Repubblica resta a De Benedetti (e l' allora leader del garofano Bettino Craxi non ne fu contento), e la casa editrice di Segrate comincia a risplendere nella costellazione di Arcore (e i vecchi eredi Mondadori vedono progressivamente il proprio ruolo sfocare, quasi sparire).

    RispondiElimina
  4. La spiegazione della vittoria - rivendicata più volte da Cesare Previti, come rivelò il teste "Omega" Stefania Ariosto - per la Procura milanese non sta nei codici. A Roma funzionava "il porto delle nebbie" nel palazzo di giustizia. Più d' uno i magistrati con valanghe di miliardi all' estero, troppi per lo stipendio. Ci sono testimoni che ricordano quanto Previti fosse generoso, con feste, regali e viaggi gratis per i magistrati. Perciò, secondo il pool, come si legge nella richiesta di rinvio a giudizio depositata lo scorso novembre, "con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, Silvio Berlusconi e Cesare Previti", insieme al commercialista ed ex uficiale della Finanza Giovanni Acampora e all' avvocato amicissimo di Previti Attilio Pacifico, "promettevano e versavano somme di denaro a Vittorio Metta, magistrato appartenente alla corte d' appello di Roma". La decisione poggia su alcune certezze. Ci sono vorticosi giri di soldi estero su estero, che partono da conti Fininvest (come All Iberian), approdano sul conto svizzero di Previti, girano attraverso il conto di Acampora, aprodano su quello di Pacifico e poi uno spallone porta 400 milioni in contanti a Roma. Le spiegazioni dettagliate di questi movimenti di denaro alla Procura sembrano non-spiegazioni. E lo stesso Previti, intervistato sul perchè avesse il conto estero, rispose un laconico: "Sono fatti miei". Certo, al pool manca la prova provata di un passaggio diretto che dica che Metta s' è messo in tasca i soldi di Berlusconi. Ma in quei mesi, ormai lontani per noi, ma nitidi per più d' un testimone, il giudice romano fa - poco dopo che lo spalone porta i soldi a Roma - una serie di operazioni. E le fa in contanti: ristruttura un casa, compra un' auto potente, non usa assegni, Metta. Poco tempo dopo tutte quelle spese, stufo di stare al palazzaccio, si dimette e dove va a lavorare? Tra gli stucchi e gli ori dello studio Previti. A questa coincidenza si aggiunge il "giallo della segretaria". La sentenza firmata da Metta viene emessa il 14 gennaio ' 91 e le motivazioni, ben 165 pagine complesse, vengono depositate - forse è stato stabilito il record di velocità nella nostra giustizia - appena dieci giorni dopo la camera di consiglio. Ilda Bocassini cerca invano la segretaria del tribunale che può e deve averla battuta e, dopo vari interrogatori, non la trova. è un non trascurabile dettaglio: in numerose deposizioni raccolte dal pool si parlava di sentenza annunciata e "nell' ambiente degli avvocati dicevano che la sentenza sul lodo Mondadori - così mette a verbale De Benedetti, che è certo parte in causa, ma anche un teste con ricordi documentabili - era stata battuta a macchina nello studio dell' avvocato Acampora". Un adagio lettario dell' investigatore Poirot sostiene che una coincidenza è una coincidenza, ma tre coincidenze sono un indizio. Ma bastano indizi così a formare una prova? Per il gip no, non basta. E il caso Mondadori è - per ora - chiuso.
    di PIERO COLAPRICO-Repubblica.it

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il caso che citi è risaputo e ben documentato; in questo momento non scendo nei particolari: il tuo commento parla da solo. “Il porto delle nebbie” tratta una questione strettamente familiare, mentre il fatto reale riportato, se lo paragoniamo al libro, si può designare come una questione familiare allargata. I quesiti di entrambi divergono l’uno dall’altro: il libro giallo è pura fantasia, e la realtà citata va oltre la fantasia e abbraccia diversi settori. Buon proseguimento di serata @Gus

      Elimina
    2. I tuoi post mi collegano sempre a storie reali accadute. I gialli sono solo fantasie.
      Buona giornata Innassia.

      Elimina
  5. un capolavoro. l'ho letto un eone fa, ma capolavoro. sime-non-tradisce-mai :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono d'accordo: Simenon non tradisce mai. Ogni libro è diverso dall'altro, non è monotono, e soprattutto non intuiamo mai il colpevole, e l'autore ci rivela la soluzione sorprendendoci. Buon fine settimana

      Elimina

Ricordo ai lettori che il legislatore ha emanato una norma per proteggere i dati personali quando si naviga nei blog, quindi, prima di lasciare un commento, si consiglia la lettura della pagina “Disclaimer, Privacy & Cookie”.