“Il mio bambino”, così lo
chiamava quando lo descriveva. E’ un libro postumo di 864 pagine e la scrittrice, per documentarsi, studiò su diversi registri sparsi un po’
ovunque; lavorò ed esplorò direttamente i luoghi percorsi dai suoi avi; per scriverlo impiegò svariati anni, circa 15.
Il punto di partenza di una parte della ricerca, oltre alla trasmissione dei dati in forma orale di padre in figlio, è stato una cassapanca appartenente alla famiglia Fallaci colma di documenti tramandata da generazioni, fino all’epilogo che avvenne nel 1944 durante un bombardamento, nel quale si perse ogni traccia del materiale che conteneva: ne rimasero solo i ricordi.
Il punto di partenza di una parte della ricerca, oltre alla trasmissione dei dati in forma orale di padre in figlio, è stato una cassapanca appartenente alla famiglia Fallaci colma di documenti tramandata da generazioni, fino all’epilogo che avvenne nel 1944 durante un bombardamento, nel quale si perse ogni traccia del materiale che conteneva: ne rimasero solo i ricordi.
"Un cappello pieno di
ciliege" è un romanzo storico scritto da Oriana Fallaci, è una saga familiare, è un libro dai
contenuti avventurosi, a tratti dallo sfondo imprevedibile e inimmaginabile per
un comune lettore dalla vita sedentaria. Nel libro c’è lo spazio per ricordare
le diversità e le stravaganze della nostra Italia, i problemi sorti con la divisione del territorio in Stati e con l'unificazione del Paese. Inoltre conosciamo la cultura toscana,
l’industrializzazione e l’introduzione di nuove scoperte, i problemi degli
indiani d’America, la situazione femminile e la disparità tra donne e uomini, la
tratta di esseri umani, la sofferenza, la povertà, le credenze popolari, il bigottismo e il
fanatismo religioso o meglio il puritanesimo dettato dalle religioni, l’amore e
la protezione dei propri figli, i problemi create dalle guerre e poi le lotte quotidiane di comuni cittadini entrate di diritto nei libri di storia.
Le storie raccontate dalla Fallaci si verificarono
tra il 1773 e il 1889, e sono tutte realmente accadute e vissute dai parenti della scrittrice. Ogni evento narrato
trascina il lettore dalla prima fino all'ultima pagina, la scrittura ci incoraggia a seguire le
tracce percorse dai suoi antenati, e senza omettere o nascondere i segreti
familiari, solo una volta, chiamandolo l’Innominato, non svela il vero nome di un
suo lontano parente. Con “Un cappello pieno di
ciliege” attraversiamo vecchi tempi ormai lontani e/o dimenticati,
ripercorriamo le storie dei suoi avi Fallaci-Launaro-Cantini-Ferrier
intrecciati con le vicende accadute in Italia, in Toscana, in Europa e per
finire negli USA, ripercorriamo fatti realmente accaduti che riguardano
personaggi storici come Napoleone,
Mazzini, Garibaldi, Cavour, Thomas Jefferson e gli indiani d’America.
Il librone dattiloscritto
con la macchina Olivetti Lettera 32, è stato
consegnato direttamente dalla scrittrice ad un nipote con tutte le
indicazioni per la pubblicazione.
Il libro è suddiviso in
quattro parti e al loro interno in capitoli, inoltre troviamo un prologo e un
capitolo contenente alcune immagini prelevate direttamente dal dattiloscritto
originale, nel quale il lettore può constatare come la scrittrice lavorava durante
la stesura dell’opera.
Nelle immagini del
dattiloscritto si notano delle correzioni con la penna, oppure delle cancellature
fatte con il correttore bianco su cui scriveva la frase esatta; ad esempio a pag.
124 della IV parte, la scrittrice, dopo aver scritto a macchina un lungo pezzo,
continua la storia scrivendo di suo pugno con una penna, invece a pag. 126,
scrive un intera pagina a mano. Per comprendere meglio il modo di lavorare sono
stati pubblicati anche i post-in su cui annotava le parti da integrare o da
controllare, come i luoghi dove si svolsero i fatti o i nomi di alcuni personaggi
o varie circostanze da verificare o da modificare.
I personaggi descritti e
vivi nella mente della Fallacci, sono molto diversi tra di loro per carattere,
per posizione sociale e culturale, alcune volte la scrittrice, facendo
riemergere i loro drammi o episodi, si immedesima e si impossessa della loro
mente e del loro corpo. La scrittrice è riuscita anche ad imprimere nella mente del lettore le
vicende vissute dai suoi lontani parenti.
Quando finiamo di leggere
il libro e lo poniamo nello scaffale, difficilmente si dimentica la storia di
Caterina, una donna piena di vita, dall’animo libero, non comune per quel
periodo e molto conosciuta nella sua Regione: era discendente di una donna che
fu bruciata al rogo perché cucinò carne durante la Quaresima. Caterina fu una
donna speciale con un sogno nel cassetto che realizzò con il matrimonio: pur di imparare a leggere e a scrivere sposò un uomo
colto, e, per conoscere il suo futuro sposo, si presentò al primo appuntamento con un
cappello pieno di ciliegie al solo scopo di riconoscerla senza difficoltà. Solo
una volta, quando morì la figlia, si lasciò andare perdendo la ragione, ma durò
pochi mesi, il tempo di sentire una frase pronunciata dalla cognata che riprese
in mano la situazione e ricominciò come
prima a far sentire la sua presenza.
Ma mentre Caterina imparò a leggere e a scrivere, un altro lontano parente della Fallaci, riuscì a scriversi a scuola, ma dovette rinunciare agli studi dopo una traumatica e scioccante esperienza: la scuola dei poveri era situata in un cimitero insalubre per le esalazioni maleodoranti e, un giorno, il cattivissimo maestro, per castigarlo lo rinchiuse in una stanza assieme ai morti.
Ma mentre Caterina imparò a leggere e a scrivere, un altro lontano parente della Fallaci, riuscì a scriversi a scuola, ma dovette rinunciare agli studi dopo una traumatica e scioccante esperienza: la scuola dei poveri era situata in un cimitero insalubre per le esalazioni maleodoranti e, un giorno, il cattivissimo maestro, per castigarlo lo rinchiuse in una stanza assieme ai morti.
Difficilmente si dimenticano
le storie di Anastasia, per tutta la vita fu segnata da disgrazie, gioie,
risentimenti, ricchezze e avventure. Le difficoltà che incontrò iniziarono già
prima della sua nascita e proseguirono dopo la nascita della figlia che abbandonò
in un convento. Per cambiare vita decise di lasciare il suo Paese e di trasferirsi negli USA e qui incapperà
nelle disavventure del Far West, programmò
il matrimonio con il capo dei mormoni, ma riuscì a scappare il giorno prima
delle nozze per poi sposare un imbroglione che verrà ucciso da un pistolero. In America
accumulò ricchezze forse gestendo un bordello. Ritornò in Italia per rintracciare
sua figlia e divenne povera per aver investito i suoi capitali in operazioni rischiose.
Nel momento
in cui poniamo il libro nello scafale, difficilmente si dimenticano: l’avo che fu
rapito dai pirati in Algeria; Montserrat che si imbarcò a Barcellona su un
veliero danese per raggiungere Genova e che incontrò e si innamorò di Francesco,
un nostromo di Livorno, e che impazzì dopo aver perso i figli in un naufragio;
il Giobatta che riuscì ad imparare l’arte della scultura e che venne sfregiato
in guerra, o sua moglie Maria Rosa che sfamò la famiglia con l’arte del cucito e
del ricamo; le avventure di Giovanni che si arruolò nell’esercito di Napoleone, ma
che quando tornò dalla sua Teresa scoprì che non l’aveva aspettato perché sposò il fratello. Questi sono piccoli episodi ma ne troviamo anche tanti altri.
Piccola curiosità: il libro è circondato da una critica. Appena la casa editrice lo pubblicò, si creò un dibattito attorno al titolo perché
la scrittrice non mise la “i”:
scrisse “ciliege” e non “ciliegie”.
Grande libro scritto da una grande autrice.
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