Negli anni sessanta
regalarono a mia madre un libro usato pubblicato in Italia il 20 marzo 1942,
editore A. Mondadori, 7°edizione (la 1°edizione è del febbraio 1940), costo
dell’opera L. 34. Non possiamo considerare questo romanzo un libro antico ma,
controllando negli scafali delle librerie, ho notato che è introvabile, almeno
così sembra, inoltre molte biblioteche ne sono sprovviste.
Il libro di cui sto
parlando è “La grande pioggia, romanzo dell’India moderna” (titolo dell’opera
originale The rains came) di Louis Bromfield. Se lo esaminiamo attentamente si
notano i segni del tempo, le pagine sono ingiallite, con molte macchie nella
carta, la copertina è rotta verso l’interno e ai lati è consumato.
Si legge: unica
traduzione autorizzata di Giorgio Monicelli.
Singolare la dedica: “A
tutti i miei amici indiani: principi, insegnanti, uomini politici, cacciatori,
barcaioli, spazzini, e a G. H., senza il quale non avrei mai conosciuto le
meraviglie e le bellezze dell’India, né compreso il sogno indiano”
Il centro nevralgico
della storia è Ranchipur, un piccolissimo Stato
indiano. Aspettando i monsoni, piano piano si tessono le storie di uomini
d’affari e avventurieri ambiziosi, pieni di se, invidiosi e attaccati alla
propria cultura senza mai mescolarsi con quella locale perché considerata inferiore.
La città è dominata dagli europei, unici detentori del potere economico e
politico, e, oltre a ciò, amministratori degli aiuti umanitari e della
solidarietà; gli indiani sono divisi in razze e sotto razze coordinati
giornalmente dai colonizzatori. In compagnia della pioggia, le serate si
svolgono tra cene, cerimonie, inviti per il tè e feste in case fastose, si
seguono discorsi da ricchi, ci sono personaggi annoiati o pieni di vita,
sciocchi o brillanti, tediosi o a caccia di successo o ancora con la voglia di concludere
contratti vantaggiosi, tutti vestiti con abiti sontuosi. In ogni pagina
apprendiamo con facilità lo stile di vita di ogni abitante, dal borghese
ricchissimo fino all’ultimo gradino della scala sociale.
Le 842 pagine ci guidano fin dentro
le case, sembra di vedere i grandi giardini invasi dai serpenti, quasi si
toccano con mano, si descrivono con armonia la vita quotidiana degli abitanti o
come passano le serate dentro e fuori le mura domestiche. I rapporti tra gli
Intoccabili e i colonizzatori sono descritti con maestria. La lettura è
scorrevole. Nelle 842 pagine si incrociano le storie di parecchi personaggi,
uno più interessante dell’altro, uno diverso dall’altro.
L’uomo più ricercato della città è Tom
Ransome, cinico, disilluso, circondato da belle donne ma con una particolare
passione: il cognac.
C’è il sig. Simon, un
missionario moralmente rigoroso e tutta la sua famiglia: sua moglie, una nulla
facente che passa le giornate pensando
alla moralità cristiana, ad accasare le due figlie, a bere il tè in compagnia di una
sola amica; sua figlia Fern, caratterialmente
opposta alla madre, piena di vita, desiderosa di scappare dalla città per
diventare una star di Hollywood; l’altra figlia, Hazel, bruttina che segue i
modelli di vita della madre.
Conosciamo Edvina, la ex di Tom, una
facoltosa e amorale moglie annoiata del ricchissimo Albert Heaston, un uomo di
48 anni. Lord Heston è un mercante in cerca di nuovi affari vantaggiosi nella
terra indiana, “possedeva piantagioni di gomma in India e di cotone in
Egitto, giornali a Londra e nelle Midlands, piroscafi ferriere (non troppo
redditizie, queste) in Inghilterra, petrolio (pel quale c’era molto da
litigare) in Persia e nell’Afghanistan, e fabbriche (e questa era la
speculazione migliore) di cannoni e proiettili”.
L’unico ospedale presente a Ranchipur,
ben attrezzato con tanta fatica, è gestito interamente dal Dott. Safka e dall’infermiera
Mac Daid; entrambi lo amministrano magnificamente, riescono a tamponare le
emergenze quotidiane e non mancano le sorprese in sala operatoria. La Mac Daid “era
una donna robusta, non grassa, ma massiccia”. Il dott. Safka lavorava
duramente tutta la settimana tranne una sera: “tutti i venerdì egli giocava
a poker con la Maharani. Non che lo facesse per un senso di dovere e neppure di
omaggio alla dispotica volontà dell’arrogante signora, ma perché, come questa,
egli preferiva i giochi d’azzardo a qualunque altra cosa”.
L’autore ci presenta e illustra le
vicende di molti altri personaggi: zia Febe, i Maharani, Mr Bannerjee, gli
Smiley, Maharajah, la professoressa Hodget-Clapton, Giovanni Battista e tanti
altri.
La
monotonia quotidiana si interrompe improvvisamente durante una festa; un
terremoto e la rottura degli argini del fiume, devastano l’intera zona portando
epidemie e morte.
… non potè finire, perché la tavola a un tratto si mise a ballare tra un gran rumore di cristalli cozzanti tra loro. Le tende alle finestre si gonfiarono e si tesero verso l’interno della stanza come se soffiasse un gran vento, ma non c’era vento. Il pavimento oscillò e due miniature persiane si staccarono dalla parete fra un polverio di calcinacci. “Forse sto per morire” pensò Ransome e nello stesso istante vide un’espressione d’enorme stupore sul volto di Safka. Subito poi le luci si spensero. E dominando lo schiamazzo dei pappagalli e dei pechinesi vennero dall’altra stanza le grida isteriche della signorina Murgatroyd… pag. 384
… Sulle
scale! C’è l’inondazione! la diga ha ceduto!... pag. 387
Da questo momento le storie dei personaggi si invertono, da ora in poi uomini e donne dell’alta borghesia, non più annoiati, diventano esperti di solidarietà reciproca, patiscono la fame e il freddo, curano le persone senza distinzione di classe sociale, il colera divampa e scarseggiano le medicine, tutti sono coinvolti compreso chi, come Edvina, non aveva mai visto un grammo di polvere.
…Ora che la pioggia era cessata per qualche istante, gli giunse un sentore dolciastro, nauseante, che non era più quello della morte, ma l’odore del colera. Era un odore che sentiva per la prima volta e che gli parve più orribile di quello della carne bruciata, poi ch’era un odore di vita nella morte… pag. 672
… Avete bisogno di medicamenti?
Chiese Ransome.
Herry Bauer si mise a ridere.
Herry Bauer si mise a ridere.
Di tutto, abbiamo bisogno. Qui non
c’è nulla…col colera non si ha bisogno di troppe cose, ad ogni modo. E’ una
malattia dinanzi alla quale si è impotenti… pag. 673
… Non
c’era più bicarbonato si soda né di cloruro di calcio e restava un centinaio di
pastiglie di permanganato (quanto un solo malato ne consuma in quarantott’ore);
non c’era più caolino, non c’era più aspirina e non c’erano più composti di
cloro per la disinfezione dei pozzi… pag. 679
Assieme alla solidarietà si cerca di ristabilire l’ordine cittadino e non mancano le iene: approfittando delle precarie condizioni sociali e sanitarie, colgono l’occasione per modellare la città a loro immagine e somiglianza.
…Capì a poco a poco che anche l’inondazione e il terremoto erano stati, da un certo punto di vista, una benedizione…..una nuova città sarebbe sorta dalla terra depurata, una città nuova nella quale templi di cemento e d’acciaio si sarebbero levati al cielo, nella quale non vi sarebbe stato più un quartiere degli Intoccabili, non vi sarebbero stati più tenebrosi recessi dove il colera e la peste covavano in attesa di abbattersi sulla popolazione; e quando la diga fosse stata ricostruita, i pozzi, perenne fonte di infezione, sarebbero stati chiusi per sempre, o ovunque avrebbero zampillato l’acqua fresca e pura delle colline… pag. 771
Nell’ultima pagina l’autore scrive: Cooch Behar, gennaio 1933. New York, luglio 1937. Fine.
Sembra davvero una bella storia quella narrata in questo romanzo...ma non hai scelto i giorni sbagliati per leggerlo?! Sai...i monsoni con queste piogge! Io adoro i libri usati.....di questa collana della Mondadori ho Canne al Vento, I Malavoglia e mi sembra anche I Promessi Sposi...tutti acquistati per mercatini. Adoro sfogliarli e sentire quell'odore di "attuffidu" che nei libri mi piace tanto. Ciao Innassia, buona settimana
RispondiEliminaPosso dire di essere circondata dalla pioggia, ma almeno nel libro gli abitanti di Ranchipur possono scegliere se restare in città o abbandonare le proprie case, sanno con precisione quando arriverà l’inondazione, invece da noi….che disastro!!!
EliminaMi sa tanto che dopo aver letto questa recensione sul tuo libro,molti per sapere le previsioni del tempo useranno più leggere quel libro che guardare il meteo alla TV. Hai ragione comunque:almeno loro sapevano in anticipo cosa li aspettava;invece noi lo abbiamo provato sulla nostra pelle...
RispondiEliminaLorenzo
Mentre aspettano i monsoni, con tranquillità, bevono il tè, il cognac, cianciano, giocano a poker, lavorano…beati loro!!!
EliminaQuesto commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiEliminaScusa ma per errore ho eliminato il tuo commento. Lo ripubblico utilizzando l’email che ho ricevuto. Diceva così:
Elimina“Ciao.anche io ho quel libro!!!.stessa edizione, poco rovinato ma con diverse pagine sottolineate a matita dalla precedente propietaria a cui e'stato regalato nel43.domanda da ignorante:madurante il fascimo i libri americani si potevano acquistare? Comunque il libro e'molto bello”
Io non ho visto molte copie di questo romanzo e sono contenta che tu abbia deciso di dirci che ne possiedi uno anche tu. Il libro di mia madre ha la copertina rigida rovinata e le pagine sono ingiallite ma si può leggere con facilità. Hai ragione il libro è molto bello.
EliminaGrazie del tuo commento e scusa ancora dell’errore, torna a trovarmi anche se c’è stato questo incidente e lascia anche il tuo nome.