Sottotitolo: Perché il capitalismo non è sostenibile
Autrice: Naomi Klein
Editore: Rizzoli
Anno: 2015
Pagine: 733
Prezzo di copertina: € 22,00
Dopo aver letto i precedenti best seller internazionali “No Logo” e “Shock
Economy”, dovevo leggere anche l’ultimo lavoro di Naomi Klein.
Infatti l’ho recuperato e divorato in poco tempo.
La Klein, con il libro “Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile”, affronta un argomento attualissimo e caro a tutti noi: i cambiamenti climatici.
La scrittrice avvalora una tesi per risolvere i problemi legati ai cambiamenti climatici e, sostenendo che è insufficiente sviluppare isolatamente la classica “green economy” senza mettere in discussione il capitalismo o la crescita del PIL come priorità assoluta a discapito del pianeta terra, ribadisce che per ottenere risultati positivi immediati è necessario attuare una totale rivoluzione che trasformi radicalmente il nostro stile di vita ormai non più sostenibile.E' un libro da acquistare e da leggere perché mostra con nomi e cognomi, con esempi e dati, come alcune società e alcuni personaggi di spicco gestiscono i quattrini pubblici, comprese le sovvenzioni private provenienti da personalità importanti, e ci rivela come si pianificano o si vietano la gestione di attività che possono creare disastri ambientali.
Infatti l’ho recuperato e divorato in poco tempo.
La Klein, con il libro “Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile”, affronta un argomento attualissimo e caro a tutti noi: i cambiamenti climatici.
La scrittrice avvalora una tesi per risolvere i problemi legati ai cambiamenti climatici e, sostenendo che è insufficiente sviluppare isolatamente la classica “green economy” senza mettere in discussione il capitalismo o la crescita del PIL come priorità assoluta a discapito del pianeta terra, ribadisce che per ottenere risultati positivi immediati è necessario attuare una totale rivoluzione che trasformi radicalmente il nostro stile di vita ormai non più sostenibile.E' un libro da acquistare e da leggere perché mostra con nomi e cognomi, con esempi e dati, come alcune società e alcuni personaggi di spicco gestiscono i quattrini pubblici, comprese le sovvenzioni private provenienti da personalità importanti, e ci rivela come si pianificano o si vietano la gestione di attività che possono creare disastri ambientali.
La giornalista riferisce come si svolsero o si sono svolte o come si svolgeranno le battaglie contro le imprese multinazionali che detengono il “potere” sul suolo-sottosuolo pubblico. Le lotte descritte sono indirizzate non solo contro le “normali”
estrazione dei prodotti del sottosuolo altamente inquinanti, come il petrolio e
il metano, nel libro si avvia un discorso sulle sabbie bituminose e sulla nuova
tecnica invasiva per estrarre idrocarburi non convenzionali, nota col nome di
fracking.
Con il capitolo intitolato
“Offuscare il Sole”, espone come alcuni scienziati vorrebbero risolvere il
problema del clima, senza rinunciare alle comodità acquisite dall’ideologia
del libero scambio estraendo all’infinito e senza eccezioni: naturalmente gli scenari negativi sono tutti da scoprire leggendo e
rileggendo il capitolo.
Nel libro si parla di attività estrattive devastanti per
l’ambiente e pericolose per l’uomo, e di nuove tecnologie che utilizzano sistemi tali da contaminare
il terreno, le falde acquifere e l'aria in modo irreparabili nel breve e nel lungo
periodo; principalmente si analizzano gli effetti invasivi delle sabbie
bituminose e del fracking, delle lotte di comuni cittadini laddove avvengono le trivellazioni e delle reazioni e controproposte delle società multinazionali.
Il dibattito non finisce con la lettura di “Una rivoluzione ci salverà", perché appena si chiude il libro si approfondiscono gli argomenti con altro materiale, in altre parole finito il libro si aprono nuovi capitoli da analizzare ...
Autrice: Marina Achmedova
Editore: Meridiano Zero
Anno 2014
Pagine: 286
Prezzo di copertina: € 16,00
La scrittrice e giornalista moscovita, affrontando tematiche
sociali e dopo aver passato quattro giorni in compagnia di alcuni
tossicodipendenti nella Russia Centrale, pubblica un reportage scomodo sulla
diffusione e assunzione di una delle droghe più letali che ci sia in
circolazione, descritta da molti come “la droga che ti mangia”: il Krokodil o desomorfina.
E’ una sostanza che si fa in casa mescolando la codeina con altri farmaci da banco acquistabili direttamente in farmacia e, provocando delle lacerazioni alla pelle e alla carne con escoriazioni ed ulcere, determina la morte nel giro di un anno e mezzo dalla prima assunzione. La droga prende questo nome perché i segni che lascia sono cicatrici purulente e squamature che ricordano la pelle di un coccodrillo. Il suo articolo viene censurato subito dopo la pubblicazione e per denunciare ciò che ha visto, scrive la dura e scottante realtà, già rivelata nel reportage, in un romanzo-inchiesta.
Con “Krokodil”, in luoghi fatiscenti, seguiamo le sorti di due sorelle e di alcuni illusori amici e amiche, ragazzi e ragazze, che passano le giornate tra sospetti reciproci, litigi, discorsi non discorsi, sballi ed astinenza, angosce e finte gratificazioni. I discorsi dei protagonisti e le descrizioni dei luoghi sono raccapriccianti e angoscianti.
Con il romanzo vediamo e sentiamo in prima persona ciò che la giornalista Marina Achmedova ha provato quando ha visto come vivono i tossicodipendenti, il tutto riportato pubblicamente nel reportage.
Leggerlo non è una passeggiata perché l’argomento trattato ha dei contenuti spaventosi e agghiaccianti. La lettura lascia il segno per lungo tempo. Nel libro, oltre al romanzo, possiamo leggere in appendice il reportage pubblicato e censurato, mentre nella prefazione per affrontare l’argomento con più consapevolezza troviamo informazioni utili che non lasciano indifferenti.
E’ una sostanza che si fa in casa mescolando la codeina con altri farmaci da banco acquistabili direttamente in farmacia e, provocando delle lacerazioni alla pelle e alla carne con escoriazioni ed ulcere, determina la morte nel giro di un anno e mezzo dalla prima assunzione. La droga prende questo nome perché i segni che lascia sono cicatrici purulente e squamature che ricordano la pelle di un coccodrillo. Il suo articolo viene censurato subito dopo la pubblicazione e per denunciare ciò che ha visto, scrive la dura e scottante realtà, già rivelata nel reportage, in un romanzo-inchiesta.
Con “Krokodil”, in luoghi fatiscenti, seguiamo le sorti di due sorelle e di alcuni illusori amici e amiche, ragazzi e ragazze, che passano le giornate tra sospetti reciproci, litigi, discorsi non discorsi, sballi ed astinenza, angosce e finte gratificazioni. I discorsi dei protagonisti e le descrizioni dei luoghi sono raccapriccianti e angoscianti.
Con il romanzo vediamo e sentiamo in prima persona ciò che la giornalista Marina Achmedova ha provato quando ha visto come vivono i tossicodipendenti, il tutto riportato pubblicamente nel reportage.
Leggerlo non è una passeggiata perché l’argomento trattato ha dei contenuti spaventosi e agghiaccianti. La lettura lascia il segno per lungo tempo. Nel libro, oltre al romanzo, possiamo leggere in appendice il reportage pubblicato e censurato, mentre nella prefazione per affrontare l’argomento con più consapevolezza troviamo informazioni utili che non lasciano indifferenti.
Autore: Bijan Zarmandili
Editore: Nottetempo
Anno: 2013
Pagine: 200
Prezzo di copertina:
€ 14,00
Il romanzo è ambientato nello stesso luogo natale del
giornalista-scrittore Bijan Zarmandili: l'Iran. Lo scrittore già da molti anni ci
consegna interessanti pezzi giornalistici e opere narrative, e ci rivela luoghi
e culture poco conosciuti o approfonditi se non saltuariamente nei normali
circuiti giornalistici.
Questa volta il protagonista del romanzo è Ciangis Salami, un regista iraniano senza talento, che pensa di consegnare un capolavoro al cinema iraniano, ma che non ha al suo attiva nessuna pellicola; è un uomo un po’ sfigato, poco abile e impreparato. Il regista nella sua mente sostituisce la vita reale in scene cinematografiche, e trasforma ogni sguardo e ogni discorso in un film o in personaggi della cellulosa, ad esempio la moglie la identifica come Simone Signoret.
Un giorno esce un suo film e viene condannato perché colpevole di “ammiccamenti allo sionismo”, ma per il regista è un film che racconta la storia d’amore tra un uomo ebreo e una donna musulmana, o meglio parla di una storia d’amore alla francese. La pena inflitta è durissima perché, oltre al carcere, si prevede una pena accessoria che obbliga il condannato a non girare nessun film per un tempo interminabile: 20 anni. Durante la prigionia ricostruisce la propria infanzia come un vero film e le intreccia con la storia di due amici, Elias, un ebreo, e Simin, una musulmana figlia del capo dei servizi segreti iraniani costretto a scappare dopo la rivoluzione iraniana.
Questa volta il protagonista del romanzo è Ciangis Salami, un regista iraniano senza talento, che pensa di consegnare un capolavoro al cinema iraniano, ma che non ha al suo attiva nessuna pellicola; è un uomo un po’ sfigato, poco abile e impreparato. Il regista nella sua mente sostituisce la vita reale in scene cinematografiche, e trasforma ogni sguardo e ogni discorso in un film o in personaggi della cellulosa, ad esempio la moglie la identifica come Simone Signoret.
Un giorno esce un suo film e viene condannato perché colpevole di “ammiccamenti allo sionismo”, ma per il regista è un film che racconta la storia d’amore tra un uomo ebreo e una donna musulmana, o meglio parla di una storia d’amore alla francese. La pena inflitta è durissima perché, oltre al carcere, si prevede una pena accessoria che obbliga il condannato a non girare nessun film per un tempo interminabile: 20 anni. Durante la prigionia ricostruisce la propria infanzia come un vero film e le intreccia con la storia di due amici, Elias, un ebreo, e Simin, una musulmana figlia del capo dei servizi segreti iraniani costretto a scappare dopo la rivoluzione iraniana.
Autrice: Daria Bignardi
Editore: Mondatori
Anno: 2015
Pagine: 109
Prezzo di copertina: € 12,00
Dopo la Klein, Zarmandili e poi la vicenda raccontata dalla
Achemedova, il romanzo di Daria Bignardi mi è apparso inconsistente e
insignificante. Mentre i precedenti libri mi hanno lasciato il segno e mi hanno
spinto ad approfondire ciò che è stato scritto, i capitoli di “Santa degli
impossibili” di Daria Bignardi si ricordano a malapena quando si girano le
pagine.
Secondo me la trama è interessante, ma è scritto in modo superficiale, sembra un abbozzo e non un romanzo completo, e non mi ha dato emozioni tali da consigliarlo agli amici. Sicuramente il prodotto editoriale e l’impronta lasciata dalla scrittrice non sono paragonabili agli altri autori; è un romanzo che si legge tutto d’un fiato, è scorrevole, ciononostante per come ha affrontato la storia di Mila e della sua famiglia mi ha lasciato l’amaro in bocca. E’ stato un vero peccato.
Dopo aver letto Krokodil o il libro della Klein avevo bisogno di un racconto leggero, invece ho trovato un libricino insignificante…forse ho sbagliato il momento, dovevo leggerlo quando avevo la testa leggera e non ingombra di questioni politiche-economiche o di tematiche sociali gravi.
Secondo me la trama è interessante, ma è scritto in modo superficiale, sembra un abbozzo e non un romanzo completo, e non mi ha dato emozioni tali da consigliarlo agli amici. Sicuramente il prodotto editoriale e l’impronta lasciata dalla scrittrice non sono paragonabili agli altri autori; è un romanzo che si legge tutto d’un fiato, è scorrevole, ciononostante per come ha affrontato la storia di Mila e della sua famiglia mi ha lasciato l’amaro in bocca. E’ stato un vero peccato.
Dopo aver letto Krokodil o il libro della Klein avevo bisogno di un racconto leggero, invece ho trovato un libricino insignificante…forse ho sbagliato il momento, dovevo leggerlo quando avevo la testa leggera e non ingombra di questioni politiche-economiche o di tematiche sociali gravi.
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