La Monna Lisa olandese è circondata da un interesse in continuo
aumento, la cui popolarità è incrementata ancora più dopo l’uscita del libro
della scrittrice Tracy Chevalier, da cui è stato tratto il celebre film con
Scarlett Johansson. La ragazza col turbante, nota anche come “La ragazza con
l’orecchino di perla” di Jan Vermeer, seduce per la scelta del soggetto a mezzo
busto che ruota la testa di tre quarti per guardare chi la osserva.
La luce la colpisce in modo da mostrare la luminosità del viso, con labbra carnose, occhi dalle pupille grandi resi ancora più splendenti dall’orecchino di perla indossato con naturalezza. Il soggetto del quadro è una fanciulla vestita con un mantello color rame in cui si intravede il colletto di una camicia bianca, con un copricapo che avvolge i cappelli indossato a mo’ di turbante con una fascia di color azzurro che avvolge la testa ed una striscia di stoffa annodato alla testa che cade fino a raggiungere le spalle.
La luce la colpisce in modo da mostrare la luminosità del viso, con labbra carnose, occhi dalle pupille grandi resi ancora più splendenti dall’orecchino di perla indossato con naturalezza. Il soggetto del quadro è una fanciulla vestita con un mantello color rame in cui si intravede il colletto di una camicia bianca, con un copricapo che avvolge i cappelli indossato a mo’ di turbante con una fascia di color azzurro che avvolge la testa ed una striscia di stoffa annodato alla testa che cade fino a raggiungere le spalle.
Il quadro di Jan Vermeer mi ha sempre affascinata sia per il
movimento della testa che per l’abilità
del pittore nel creare un gioco di luci tale da colpire in modo armonioso il
copricapo e il viso.
Ultimamente la figura sta sbucando da tutte le parti e la scruto
un po’ di più ovunque, così a forza di osservarla ho provato a creare la
fanciulla del dipinto con del cotone ed un uncinetto. Per realizzarla ho
adottato la tecnica “amigurumi” seguendo lo schema per i pupazzetti
partendo dalla testa e terminando con il busto, imbottendoli con ovatta
sintetica, il tutto lavorato con cotone numero 5 di diversi colori; mentre per
il mantello ho lavorato seguendo l’istinto a mano a mano che procedevo col
lavoro indossandolo direttamente al pupazzetto, per cui non sono riuscita a
memorizzare completamente il numero delle maglie.
Quando stavo imbottendo la statuina mi sono ricordata che dovevo inserire una base rigida per restare dritta e in equilibrio, così all’ultimo momento ho adocchiato il mio deodorante, ho tolto il tappo di plastica, e senza pensarci due volte l’ho inserito all’interno assieme all’ovatta sintetica perché non avevo tempo per cercarne un’altra: era della sua misura e l’ho chiuso senza problemi; questa si chiama fortuna.
Quando stavo imbottendo la statuina mi sono ricordata che dovevo inserire una base rigida per restare dritta e in equilibrio, così all’ultimo momento ho adocchiato il mio deodorante, ho tolto il tappo di plastica, e senza pensarci due volte l’ho inserito all’interno assieme all’ovatta sintetica perché non avevo tempo per cercarne un’altra: era della sua misura e l’ho chiuso senza problemi; questa si chiama fortuna.
La parte più complessa del lavoro è stato ricreare il turbante, soprattutto
la fascia annodata che cade sulle spalle perché inizialmente troppo stretta, o
troppo lunga o troppo corta; non ho registrato il numero totale delle volte in
cui l’ho dovuta disfare perché risultava poco armonioso e slegato con l’abito.
Ugualmente ricamare il viso è stato un grattacapo, un problema che mi impediva
di far ruotare il viso come il dipinto: occhi aperti con pupille in vista che
guarda chi la osserva ruotando il capo; il naso sottile e dritto non è stato
possibile ricrearlo come il dipinto è l’ho ricamato seguendo la tecnica classica degli amigurumi;
se osservo le orecchie mi rendo conto di alcuni difetti, la prossima volta
cercherò di farle leggermente più grandi e più ravvicinate; l’imperfezione del
ricamo della bocca è visibile e in futuro cercherò di allenarmi meglio per
renderle carnose dischiuse con un accenno dei denti.
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