I don’t want a lot for Christmas
There is Just one thing I need
I don’t care about the presents
Underneath the Christmas tree
I just want you for my own
More than you could ever know
Make my wish come true
All I Want for Christmas Is You, yeah
I don’t want a lot for Christmas
There is Just one thing I need
I don’t care about the presents
Underneath the Christmas tree
I just want you for my own
More than you could ever know
Make my wish come true
All I Want for Christmas Is You, yeah
It’s made up of lonely moments
There was always a moment there when I
knew
You always gave instalments
Always knew you concentrated and grew
And I believe reinvention
Do you believe that life is holding the
clue
Take away all the lonely moments
Give me full communication with you
Your smile shine a little light alright
Don’t hide shine a little light
Give up on your pride
Il film o la Colonna Sonora? Ognuno ha il suo compito. In alcuni casi scegliere il migliore tra i due è un abisso. La mente può ricordare una colonna sonora ma non il film, e viceversa; in altre occasioni la musica è capace di impossessarsi del primo posto e rubare la scena fino a neutralizzare una pellicola del piccolo o grande schermo; e in altri casi il palcoscenico è riservato esclusivamente al film senza lasciare una minima traccia musicale. Alcuni registi hanno un sistema ben collaudato per renderli omogenei e con lo stesso "potere", e sono capaci di accoppiarli svincolandoli mentalmente da questa scelta, ad esempio girando le scene con la musica in sottofondo. Quando si guarda un film e si ascolta la colonna sonora tutti i sensi si sviluppano, e il cervello sceglie.
La cucina italiana si presta a ogni tipo di palato, e quando siamo difronte a un piatto doc della gastronomia nazionale, non sono viste di buon occhio le varianti, e si tollerano soltanto se si evidenzia e si marca la variabile modificata. Pertanto oggi trascrivo nel Taccuino non la ricetta originale, ma una variante consigliata tanti anni fa a mia madre da una sua amica: le melanzane alla parmigiana con l’aggiunta del pane. Per rendere il piatto più leggero e per assorbire l’olio in abbondanza, si può architettare una manovrina innocente e lontana dai palati fini, quelli che non vedono di buon grado aggiungere o togliere un ingrediente da un piatto nazionale. In pratica si fodera la base di una teglia con il pane raffermo, e con questo sistema si elimina l’olio in eccesso impedendo così il “galleggiamento” delle melanzane in questo ingrediente. E per un problema strettamente legato al gusto, io appongo un’altra modifica innocente: io non uso mai il formaggio grattugiato in nessuna pietanza, e se aprendo il frigo non trovo la mozzarella (l’altro ingrediente insostituibile), io uso un ingrediente sardo (ma non ditelo ai tradizionalisti) il cui nome è tutto un programma, casu friscu de erveche acriau (per saperne di più clicca QUI). Per il resto le differenze sono pressoché nulle. E adesso spazio alla variante delle melanzane alla parmigiana.
Svariati generi letterari hanno un punto in comune, non si possono raccontare i fatti narrati, e guai se qualcuno spiffera la trama con un mini riassunto; in questi casi l’unica soluzione esistente è sempre la stessa, leggere il libro senza interposta persona. E se il libro è scritto dal re degli horror è impensabile accennare i particolari, al massimo è consentito svelare qualche piccolissima e marginale pillola per alimentare la curiosità. Il libro horror “Mucchio d’ossa” di Stephen King fa parte della lista “non svelabile”, dove tutti tacciono sulla trama. In questo caso si possono segnalare alcune sporadiche Voci, ad esempio le ambientazioni: la prima parte della storia si svolge in una piccola cittadina americana e nella residenza abituale di un noto scrittore, Mike Noonan, mentre nella seconda parte la storia trasloca in una casa di campagna vicino a un lago, la cui denominazione porta il nome di una cantante blues, Sara Laughs.
È nota a tutti l’importanza della libertà di espressione, un diritto che si sposa con la prassi di salvaguardare l’identità di donne e uomini che lavorano al servizio dello Stato o per altre organizzazioni, e in barba alla consuetudine dettata dal limite di tali diritti, un uomo è riuscito far oscillare queste due certezze. I segreti di Stato sono sempre stati gli elementi principali d’incalcolabili libri noir, gialli e di spionaggio, e di tantissime pellicole, e all’inizio del nuovo secolo, un uomo, esattamente un pirata informatico, nella vita reale va oltre la fantasia letteraria svelando uno dopo l’altro notizie riservate. Un film biografico racconta come quest’uomo ha divulgato notizie segrete e mai rese pubbliche perché bollate col sigillo “Top Secret”, mettendo così a dura prova la libertà di stampa.
Scrittura semplice e profonda, si legge tutto d’un fiato non per il numero limitato delle pagine, o perché finalista in un prestigioso premio, ma per come si affronta l'argomento centrale del romanzo, spesso sottovalutato da chi dovrebbe gestire la cosa pubblica: il rapporto tra un’insegnante e i suoi allievi. La scuola si trova in un carcere minorile, e qui la protagonista del romanzo mette da parte la quotidianità fatta di azioni abituali, sempre uguali e tristi, scanditi dal dolore per la prematura scomparsa del marito. Tutti i giorni Elisabetta Maroni si alza presto, attraversa il ponte che la conduce all’isola Flegrea, Nisida, e tutti i giorni si chiede come potrà “salvare” i suoi studenti, i quali hanno ricevuto il "nulla" dalla vita perché hanno vissuto in contesti sociali e familiari precari. Elisabetta è una donna comune e il modo in cui percepisce il suo lavoro va oltre alla classica didattica. Nella carta risulta il suo incarico ufficiale, l’insegnamento della matematica, e lei amplia la sua “missione” con i pochi mezzi che la burocrazia carceraria le mette a disposizione.
Oggi Il Taccuino delle Voci compie sette anni. Un bel traguardo. Anche con i post degli ultimi dodici mesi si aggiunge un altro tassello da sfruttare per migliorare ancora di più il mio angolo virtuale, nato per trascrivere alcune mie letture, vecchi e nuovi film visti in tv oppure in rete o col classico DVD, arricchito con esperimenti culinari, con ricette sfiziose o complicate, amigurumi di cotone fatti a mano, luoghi da scoprire, e tanto altro. Come ogni anno ci sono stati alcuni post abbozzati e mai pubblicati perché, come capita, non sempre c’è il tempo materiale per approfondire l’argomento con nuove letture per ottenere un pezzo valido e veritiero. In più il 2020 è stato talmente negativo da togliermi l’attenzione e la voglia di sperimentare, perché con l’epidemia, con la chiusura del nostro Paese e con notizie tragiche provenienti dal mondo reale di tutto il mondo, ho passato più tempo al telefono, o leggendo i giornali o studiando i decreti tanto da dimenticare la blogsfera. In tutta la mia vita e in un colpo solo non ho mai letto così tanti messaggi, ricevuto e fatto così tante telefonate da non riuscire a contarli, e spesso ho usato la blogsfera per rilassare la mente. Negli ultimi mesi ho trascurato il mio angolo virtuale, o l'ho cercato per distrarmi un po’ e non per la voglia di sfogliarlo; il 2020 è stato un anno super insolito, e non abbiamo ancora risolto il problema.
Nick Parisi ha organizzato un’intervista collettiva per esplorare la rete gestita dai blogger. Lui lo chiama un “esperimento”, io lo chiamerei un test per rilevare gli aspetti positivi/negativi, le difficoltà e i punti di forza dei blog. Per rispondere alle domande, Nick ha suggerito due strade, o scriverle in un commento direttamente nel suo post oppure pubblicare un post direttamente nei nostri blog. Le domande sono varie ed io ho deciso di partecipare all’intervista pubblicando un post nel mio Taccuino. Prima di svelare le mie risposte, consiglio di leggere il blog Nocturnia di Nick (clicca QUI), così si possono scoprire di prima mano le regole per partecipare all’intervista e le risposte degli altri blogger che hanno accettato l’invito.
Lo scrittore decise di troncare una parte della storia della famiglia Poldark, esattamente saltò ben dieci anni di avventure dei personaggi della saga per proseguire con un nuovo capitolo, intitolato “Lo straniero venuto dal mare”, lasciando così al lettore l’immaginazione della parte mancante. Winston Graham decise di ambientare le nuove storie nel 1810, e descrisse i coniugi Poldark e gli altri personaggi più maturi, i quali devono prendere delle decisioni in base al nuovo stato di famiglia: i figli sono cresciuti, e s’ingrossano i problemi dei ragazzi guidati dagli ormoni. Nell’ottavo volume proseguono le avventure del personaggio principale Ross Poldark, assieme e con la complicità della sua famiglia (Demelza, Jeremy, Clowance e Isabella-Rose) e di quelli acquisiti, e in compagnia degli amici (in primis Caroline e Dwight Enys) e dei nemici (al primo post George Warleggan).
“A nome dei miei amici in Francia, in Germania, in Svizzera e in Belgio, mi presento qui davanti a voi oggi per esporre alcuni principi sui quali intendiamo fondare la lotta avvenire. Ma non facciamoci illusioni, questa lotta sarà estremamente violenta (…) probabilmente ci sono delle persone qui che piangono quando sentono le parole gentilezza, gentilezza, fraternità, ma le lacrime non danno il potere. Il potere non versa lacrime. La borghesia non mostra gentilezza e non la conquisterete con la gentilezza. Cittadini, amici, cari compagni, perché siamo qui oggi? Tutti gli uomini sono fratelli? Tutti sono fratelli? Io tutti quegli che sono qui oggi? I borghesi e gli operai sono davvero fratelli? No, non lo sono. Loro sono nemici. Noi dobbiamo sapere qual è il nostro obbiettivo. Siamo qui per un’idea astratta? Un sogno d’amore sentimentale? Quanto ci porterà lontano un’idea del genere?
“Persuasione” è l’ultimo romanzo di Jane Austen, e com’era prassi in quel periodo l’edizione originale comparve in due volumi con 12 capitoli ciascuno. L’autrice iniziò la stesura nel 1815 e lo terminò nel 1816, e a causa della prematura scomparsa dell’autrice fu pubblicato dopo la sua morte, e se i romanzi precedenti li firmò in forma anonima come “by Lady” oppure “by the author of Pride and Prejudice”, per la prima volta con questo romanzo e con "L'abbazia di Northanger" comparve il suo nome per esteso, un punto da non sottovalutare se pensiamo che in quel periodo molte donne non poterono pubblicare i loro lavori col proprio nome perché “donna”.
Il romanzo è catalogabile come una semplice storia di una qualsiasi famiglia borghese con tutti i loro difetti, ricco di personalità uniche o contraddittorie con una serie di complicazioni non trascurabili. Lo stile investe diversi generi ricchi di misteri, di problematicità di tipo psicologico, si passa da una storia d’amore a tragedie familiari intense e piene di dolore, prendono forma discussioni, esternazioni di tipo epistolare e telefoniche con pensieri intimi e profondi. Ogni capitolo prevede dei salti temporali con vicende che prendono forma in ampi intervalli, di conseguenza non seguendo gli anni in modo regolare ogni tanto si sospende il responso allungando la suspense.
“Non ho trovato il comunismo in casa, questo è certo. È neanche la politica. E poi dell’infanzia non ricordo quasi niente, e poco dei primi sette anni nei quali -secondo Marina Cvetaeva- tutto sarebbe già compiuto. Non ho nostalgie di un’età felice né risentimenti per lacrime versate nella notte. Dev’essere stata un’infanzia comune, affettuosa, un’anticamera, una crisalide dalla quale avevo fretta di uscire per svolazzare a mo’ di farfalla. Tutti mi sembravano farfalle salvo i bambini”
Beetles and eggs and
blues and pour a little everything else
You steam a lens
stable eyes and glass
Not get pissed off
through my bird lips as good news
Still we can find our
love down from behind
Down far behind this
fabulous my turn rules
Beetles and eggs and
blues and bells and eggs and then blued
Beetles and eggs and
blues and pour a little everything else
You steam a lens
stable eyes and glass
Not get pissed off through my bird lips as good news
Espiare, dimenticare, rinunciare a tutto pur di proteggere chi si ama, e fuggire lontano per difendere la propria famiglia dall'ennesimo ricatto. E' questo che fece Eva. Nessuno sa, nessuno conosce la verità, solo gli specchi luccicanti di una villa custodiscono i retroscena del segreto, vedono tutto, sentono e custodiscono il passato e la verità, e se non possono parlare non possono nascondere per sempre ciò che accadde perché prima o poi emergerà con la curiosità e la voglia di conoscere la vita passata di chi si ama, soprattutto quando dietro a uno specchio c’è una stanza colma di carte.
Nei ricettari della tradizione isolana, nella sezione “dolciumi”, ci sono le ciambelle, e si possono tranquillamente identificare come le regine di ogni assaggio, o come le padrone di uno spuntino, o le padrone di casa delle tavole di tutti i giorni e di tutte le feste più importanti, dalla classica e noiosa giornata ai matrimoni. Non c’è giornata in cui non ci siano, ogni piccola o importante occasione è idonea per l’assaggio, e ogni minuto della giornata è ideale per portarli fuori. Le ciambelle si possono assaporare a colazione, per uno spuntino, a merenda, mentre si aspetta qualcuno, o semplicemente per togliere uno sfizio e per il piacere di averli sotto i denti; in tutte le case c’è sempre un cestino pieno, o un barattolo di latta pronto per essere aperto.
“Il libro era spesso e nero e coperto di polvere. La copertina era incurvata e grinzosa; doveva essere stato maltrattato, ai suoi tempi. La costola non c’era più, o meglio sporgeva tra i fogli come un segnalibro voluminoso. Un nastro bianco sporco, legato con un bel fiocco, avvolgeva più volte il volume. Il bibliotecario lo porse a Roland Michell, che lo aspettava seduto nella sal di lettura della London Library. Il libro era stato prelevato dallo scaffale protetto n. 5, in cui era normalmente custodito tra le Pranks of Priapus e the Graecian Way of Love. Erano le dieci del mattino di un giorno di settembre del 1986. Roland sedeva al tavolo singolo che prediligeva, nascosto da una colonna quadrata che tuttavia non gli impediva di vedere l’orologio sopra il caminetto”
Controllando la cartella delle foto, mi sono resa conto di non aver ancora trascritto nel Taccuino le Voci provenienti da uno dei siti archeologici più importanti della Sardegna, un sito super visitato dalle scolaresche, e un luogo piacevole da rivedere in età adulta quando la scuola è un ricordo. Oggi pubblico alcune immagini del santuario nuragico di S. Vittoria di Serri. L’immensità del sito riguarda ciò che si vede, e quindi ciò che è stato recuperato con gli scavi, e ciò che ancora deve essere portato alla luce. Nel libro della serie “Sardegna archeologica, guida e itinerari, n. 7”, dedicato al reperto archeologico, si legge “Il villaggio santuario di S. Vittoria si estende per circa tre ettari e mezzo alla estremità sud occidentale della Giara (…) Il santuario si compone di quattro gruppi principali di edifici: quello dei templi (a pozzo ed “ipetrale”) con la capanna del sacerdote e gli annessi, quello del Recinto delle Feste dove i pellegrini vivevano il momento della festa, del cibo e del riposo, il gruppo del recinto del “doppio betilo” e quello di ESE (entrambi questi gruppi di edifici parrebbero legati all'insediamento stabile). A parte stanno la “Capanna del Capo”, la “Curia” ed alcuni altri ambienti appartati”
Ritorna l’appuntamento annuale del Festival del Cinema Sardo e Palestinese, Al Ard Doc Film Festival, e rinvio dopo rinvio ritorna eccezionalmente in estate. Normalmente il Festival si svolge nel mese di marzo, e quest’anno è stato spostato nel mese di agosto a causa della pandemia che ci ha colpito improvvisamente. Il Festival del Cinema Documentario Arabo e Palestinese sardo è un’opportunità che ci offre tutti gli anni l'Associazione Amicizia Sardegna Palestina di Cagliari, e quest'anno Al Ard ha raggiunto la XVII edizione.
Dopo Ferragosto, per alcuni giorni passiamo dei bei momenti in compagnia di tanti registi internazionali, e gli appassionati della celluloide possono scoprire film e documentari mai visti, e un altro punto di forza del Festival sono le mostre e i dibattiti sulla situazione arabo e palestinese.
In questi giorni sono state comunicate le date, gli orari, il luogo e la lista ufficiale dei film in concorso e fuori concorso: Al Ard Doc Film Festival, XVII edizione, si svolgerà dal 17 al 22 agosto 2020 presso il Centro Artistico e Culturale Il Lazzaretto di Cagliari.