Il lungo cammino della parità di genere fece dei lenti progressi, non mancarono i bastoni tra le ruote sempre pronti a ostacolare la presenza delle donne nella magistratura, in un Paese intriso di pregiudizi profondi. Nonostante la carta costituzionale preveda la parità tra uomini e donne in campo lavorativo, una norma impedì l’ingresso delle donne nella magistratura. Esattamente la L. n° 1176, art 7 stabiliva “Le donne sono ammesse, a pari titolo degli uomini, ad esercitare tutte le professioni e a coprire tutti gli impieghi pubblici, esclusi soltanto, se non vi siano ammesse espressamente dalle leggi, quelli che implicano poteri pubblici giurisdizionali o l’esercizio di diritti e di potestà politiche, o che attengono alla difesa militare dello Stato secondo la specificazione che sarà fatta con apposito regolamento”.
Otre a questo articolo ce ne fu un altro che impedì l’accesso delle donne in magistratura, perché una norma del 1941 prevedeva esplicitamente che le funzioni giurisdizionali potevano essere esercitate soltanto dai “cittadini italiani, di razza italiana, di sesso maschile e iscritto al Partito Nazionale Fascista”.
Questi due articoli furono la base per escludere le donne dalla magistratura, e per poterli abrogare ci furono delle dure battaglie non soltanto in Parlamento, ma anche all’interno della stessa magistratura; esclusi alcuni, gli stessi magistrati (tutti uomini) impedirono con ogni mezzo l’applicazione della parità di genere sancito dalla Costituzione italiana.
Abbiamo dovuto aspettare il 1960
per avere un po’ di respiro, quando furono dichiarate incostituzionali le norme
che impedirono l’accesso delle donne in tutti gli uffici pubblici, e quindi in
magistratura. E per attuare la sentenza della Corte Costituzionale, abbiamo
aspettato altri tre anni, perché solo il 9 febbraio del 1963 si stabilì che “La
donna può accedere a tutte le cariche, professionali ed impieghi pubblici,
compresa la Magistratura, nei vari ruoli, carriere e categorie, senza
limitazione di mansioni e di svolgimento della carriera, salvi i requisiti
stabiliti dalla legge”, e ancora “ogni altra disposizione incompatibile con la
presente legge sono abrogati (….) è fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarla e di farla osservare come legge dello Stato”.
Questa data si deve sempre
ricordare, perché aprì finalmente le porte della Magistratura alle donne, e fu
una conquista sudata e meritata. Subito dopo la promulgazione della
rivoluzionaria norma, molte donne fecero la domanda per il concorso vincendolo.
Un vero trionfo.
Il libro Magistrate finalmente: le prime giudici d’Italia di Eliana di Caro
delinea i punti centrali della lunga battaglia per ottenere un diritto
costituzionale. Il saggio è un susseguirsi di notizie relative ai vai passaggi
che si dovettero compiere per abrogare le leggi incostituzionali e per eliminare
i comportamenti e i ragionamenti misogini.
Oltre a questo, nel libro c’è una breve biografia
delle prime donne magistrate, le prime che riuscirono a vincere il concorso e
le prime che riuscirono a penetrare in questa delicatissima professione considerata
da più parti esclusivamente di tipo maschile.
Scheda del libro:
Titolo: Magistrate finalmente
Sottotitolo: Le prime giudici d’Italia
Autrice: Eliana di Caro
Casa editrice: Il Mulino
Genere: saggio
Anno: 2023
Pagine: 152
Prezzo di copertina: € 15,00
Le donne sono in grado di fare tutto, e meglio, ormai. Celebrare messa no, lì non gliela possono fa'.. ;)
RispondiEliminaCiao. Se analizziamo l'argomento prendendo in considerazione un solo elemento, visto il vasto materiale spalmato in vari secoli, al di là di questioni normative o sociali, si può considerare come un problema strettamente legato al potere.
EliminaIo direi strettamente legato al maschio.
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